Veduta di Sant'Antonio da Palazzo Varano a Predappio

Nel 1937 il principe Mattei la regalò a Mussolini: il reliquario ora è nella chiesa di Sant’Antonio a Predappio. 

Nella chiesa di piazza Sant’Antonio da 85 anni si conserva silenziosamente una possibile spina originale della corona di Gesù Cristo, uno dei più importanti reperti della passione. Nel terzo mistero del dolore, infatti, si contempla l’incoronazione di spine di Gesù. 

Il 29 luglio 1931 Mussolini, a Predappio per l’inaugurazione del Pronto Soccorso, cercò di stemperare la tensione creatasi con le autorità ecclesiastiche in seguito alla scioglimento dell’Azione Cattolica, annunciando l’imminente costruzione della nuova chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Antonio di cui ricorreva il settimo centenario della morte.

Affidato il progetto all’architetto romano Cesare Bazzani, la chiesa fu inaugurata il 27 ottobre 1934 ed affidata ai frati minori francescani.

I documenti che comprovavano il dono del reliquiario da parte del principe Antici Mattei al capo dello Stato dell’epoca Benito Mussolini in seguito al Concordato del 1929, sono rimasti nascosti negli archivi dei francescani fino a non molti anni fa.

Solo da qualche decina di anni, infatti, la preziosa pergamena è esposta nel muro laterale della navata della chiesa che ospita il reliquiario con la spina di Gesù.  

La corona di Spine di Gesù venne ritrovata dall’imperatrice Elena, madre di Costantino. 

Per donazione alcune spine emigrarono nei paesi dei diversi popoli cristiani, fino ai tempi dell’imperatore Baldovino che, sollecitato dal re di Francia, portò il grande tesoro di spine a Parigi. Alcune di esse, tuttavia giunsero alla famiglia Gonzaga di Mantova.

Nel 1595 Costanza Gonzaga di Novellara si sposò con Asdrubale Mattei Marchese di Giove e portò in dono una delle Sacre Spine.

Dopo oltre trecento anni, nacque una gara tra nobili per dotare di sacri arredi la nuova chiesa di Sant’Antonio da Padova.

I principi Mattei donarono la reliquia a Benito Mussolini affinché fosse venerata a Predappio, mentre la sorella Clotilde donava un ricchissimo reliquiario d’argento con oro e gemme, tuttora custodito nella chiesa del borgo romagnolo.