Porta Montanara a Rimini, da cui partivano i possedimenti degli Ospitalieri (foto Shutterstock)

Rimini fu dal XII secolo una base strategica dell’Ordine dei Poveri Cavalieri di Gesù, più noti come Templari. Poiché, per volere di Papa Urbano II, dal 1095 cominciarono la Guerra Santa per la liberazione del Santo Sepolcro.

Nella città romagnola, essi pregavano prima della partenza presso la chiesa di San Michelino in Foro, risalente al V secolo e sicuramente tra i primi luoghi cristiani della città.

Con la soppressione dell’Ordine, nel 1311, anche i Templari di San Michelino furono processati e i loro beni pignorati, compresa la loro chiesa e le sue suppellettili sacre.

Le commissioni inquisitorie, che l’arcivescovo di Ravenna Rinaldo da Concorezzo avevano affidato ai Frati Minori, assolsero però i Templari dalle accuse di sodomia e adorazione del demonio, condannando al contempo l’uso della tortura per estorcere confessioni.

Così, come accadde a Ravenna e Ferrara, anche i Templari riminesi ebbero un processo equo, caso assai raro nella drammatica persecuzione scatenata da Filippo il Bello contro l’Ordine.

I beni dei Templari romagnoli, quindi, passarono all’Ordine di San Giovanni Evangelista, come attesta il Documento di Nonantola, una mappa che definisce i luoghi sacri passati dall’Ordine dei Templari a quello degli Ospitalieri di San Giovanni, tuttora esistente.

Dalla mappa emerge che i possedimenti distavano 20 o al massimo 30 km l’uno dall’altro, una distanza percorribile a piedi in un giorno da un pellegrino.

Andavano da Faenza a Rimini, proprio fino al sito di San Michele in Foro, che rimase all’ordine dei Giovanniti fino alle soppressioni napoleoniche del 1806.