Non si sa se il nomignolo derivi dal cognome “Vaccarini” o dal mestiere esercitato in gioventù di guardiana di vacche, ma è certo che questa povera signora finì sul rogo nel cuore di Rimini.
In una lista di nomi di morti compilata dal barbiere cerusico Matteo Angelini, datata 15 aprile 1587, si legge questa scarna annotazione: “La Vaccarina, vecchia, fu abbrugiata per strega”.
Il luogo deputato per i supplizi era, al tempo, piazza Sant’Antonio (oggi Tre Martiri), quindi nel cuore pulsante della cittadina romagnola.
In un processo per eresia e stregoneria celebrato a Cesena nel 1606, la testimone Francesca Medri parla di una fattucchiera riminese conosciuta a casa di una vicina a Longiano la quale, dopo un misterioso rito, aveva fatto comparire un “Pecorone con le corna et negro” che emetteva scintille di fuoco, chiara personificazione del demonio.
Considerato che l’episodio risale a quando la Medri aveva quasi sei anni, facendo un rapido calcolo, dovrebbe essersi svolto intorno al 1570.
Si trattava di un periodo particolarmente buio e travagliato per la città di Rimini: inverni rigidi, gelate, piogge e inondazioni avevano provocato epidemie e carestie che, a loro volta, non avevano fatto altro che aumentare le bande di malintenzionati, briganti e vagabondi.
Questa concatenazione di eventi aveva fomentato atti di persecuzione di individui e gruppi considerati pericolosi: ebrei ed eretici, mendicanti e stregoni.
Nel 1591 a Rimini si contavano 1.500 persone senza fissa dimora su una popolazione di meno di 9.000 abitanti.
Oltre alla Vaccarina e alle sue colleghe, erano tempi bui anche per gli Ebrei che, equiparati a vagabondi e forestieri per i quali si voleva una pronta espulsione, dall’inizio del XVI secolo furono costretti a portare segni distintivi, come un berretto giallo se maschi, o ad abitare solo all’interno del ghetto appositamente approntato nel 1555 tra Via Bonsi e i Bastioni Occidentali.