La stampa a ruggine è un processo tipico della Romagna, uno degli ultimi baluardi dei tempi che furono
La stampa a ruggine è un simbolo romagnolo tanto quanto la caveja, la piadina e la riviera. È antica e tale e quale a una volta.
La stampa a ruggine è una tecnica di lavorazione che risale, si pensa, al XVIII secolo. All’epoca, i contadini coprivano gli animali con dei panni e dei drappi su cui era stampato un medaglione che raffigurava Sant’Antonio. Del resto, è il santo patrono degli animali e del mondo agricolo.
Da qui, passo dopo passo, queste stampe vennero allargate ad altri simboli del mondo contadino romagnolo, cioè quelli che i poveri artigiani e gli stessi contadini conoscevano. Ecco allora il gallo, la caveja già citata, la spiga di grano, l’uva della vendemmia.
Gli stampatori usavano stampi fatti a mano, in legno. Su questi, veniva applicata una pasta di origine minerale blu, verde o rossa. Quest’ultima derivava dalla reazione dell’ossido di ferro impastato con la farina e l’aceto.
Una volta fatta la stampa, si asciugava il tutto al sole. I colori, fissati poi con la soda caustica, non sparivano con i successivi lavaggi.
Infine, si striava il tutto col mangano, una pressa del ‘700 fatta a rulli.
Oggi gli artigiani che stampano a ruggine sono pochissimi. Nel 1997, però, nacque l’Associazione Stampatori Tele Romagnole, che protegge e produce ancora bellissimi lavori.