A molti questa domanda sembrerà banale, tuttavia interrogando i Romagnoli più attempati, pare che la Pasquetta sia il nome dato a diverse festività, ben distribuite lungo il corso dell’anno.
Se oggi i mass media chiamano comunemente Pasquetta il lunedì dell’Angelo che segue la domenica di Pasqua, è altrettanto vero che in mezza Italia col nome di Pasquetta si intende il 6 gennaio, vale a dire il giorno dell’Epifania. A conferma di ciò, in Romagna esiste il detto par la Pasquéta – un’uréta, che indica l’allungamento delle giornate a partire dal giorno della Befana, così come sono tradizionali i canti dei Pasqualotti (i Pasquarùl, ovvero le anime dei defunti tornati sulla terra) che, in quel giorno, portano di casa in casa canti augurali per il nuovo anno.
La parola ebraica da cui hanno origine i termine Pasqua e Pasquetta è “pesach”, che significa “passare oltre”. Questa festività, dunque, demarca un cambiamento, un passaggio così, come il 6 gennaio corrispondeva alla natività di Cristo secondo il calendario giuliano e, successivamente, al passaggio dalle tenebre alla luce, così il lunedì dell’Angelo saluta la Risurrezione del Cristo e l’inizio della bella stagione.
Ciononostante, in Romagna erano chiamati Pasquetta anche il giorno della Pentecoste, nonché il giorno di Ognissanti.
Il giorno di Pentecoste, che dipende dalla celebrazione della Pasqua, ricorda la discesa dello Spirito Santo che dà inizio alla missione della Chiesa. Il 1° giorno di novembre, invece, succede esattamente a quella che oggi è conosciuta come la notte di Halloween, ma che in Romagna è celebrata da tempi immemori, e che rappresenta il momento in cui gli spiriti dei morti tornano a trovare i vivi. L’analogia con il rito dei Pasqualotti non fa che confermare l’identica denominazione di Pasquetta; in questo caso, il 1° novembre coincide con l’inizio dell’antico Capodanno agricolo.
Insomma, in Romagna viviamo in perenne attesa della Pasquetta, perché a noi piace festeggiare, sempre e comunque.