Un’antica usanza della campagna romagnola era quella di guarnire di fronde verdi di pioppo o betulla le porte e le finestre delle case nei primi giorni di maggio.
Tale rito aveva la funzione di tenere lontane dalla casa formiche o altri insetti parassiti, rendendo altresì propizia l’incipiente stagione agricola.
Secondo alcuni, sarebbe la festa pagana in onore di Maia, la “Dea Bona” dei Romani che si celebrava il 1° maggio per onorare la fecondità della natura.
La majê o maggiolata durava un paio di settimane, durante le quali scendevano ragazze dalle montagne per augurare il “ben venga maggio”: ben vegna maz, che l’ha purtê i bej fiur. Quest’usanza venne abolita a Ravenna nel 1722 dal cardinale Vitaliano Borromeo, probabilmente perché ritenuta sovversiva nei confronti di un mese in cui, secondo la tradizione cattolica, si festeggia la Madonna.
La tradizione del mese mariano sembra risalire al Medioevo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X di Castiglia detto il Saggio, nelle “Cantiche” celebrava Maria come: «Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei santi e dei cieli via».
Le prime vere pratiche devozionali, legate al mese di maggio risalgono però al XVI secolo.
In particolare a Roma San Filippo Neri, insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre proprio dall’inizio di maggio.
Alla natura, regina pagana della primavera, iniziava così a contrapporsi la regina del cielo ma evidentemente alle antiche tradizioni serviva più tempo per estinguersi.