
Simbolo della grandezza del regime fascista, il Viale della Libertà nacque per fini propagandistici anziché scopi funzionali
In seguito al rinnovo della stazione ferroviaria di Forlì, l’accesso alla stessa aveva bisogno di un viale monumentale. Fu così che nel 1927, su disegno degli ingegneri Luigi Donzelli e Pietro Marconi, venne realizzato e inaugurato il Viale della Libertà a Forlì.
Lungo circo 800 metri e largo 40 metri, il viale davvero imponente. Una strada centrale di circa 12,5 metri affiancata da due marciapiedi rialzati e alberati, ognuno largo 6,25 metri, accanto ai quali correvano parallelamente due strade, una per lato, carrozzabili e larghe 5 metri. A chiudere lateralmente il viale vi erano altri due marciapiedi larghi 2, 5 metri l’uno. L’illuminazione originaria presentava dei pali in ghisa a pastorale.
La ragione della costruzione del viale fu soprattutto propagandistica anziché funzionale. Infatti doveva diventare il palcoscenico d’effetto per ostentare il regime. Doveva accogliere le grandi figure del regime in arrivo a Forlì, ma anche ospitare parate ginniche e militari tipiche del regime. L’inaugurazione avvenne il 30 ottobre del 1927 alla presenza del ministro Luigi Federzoni.
Nel 1935 il viale venne denominato Viale XVIII ottobre, e nel 1945 prese il nome attuale di Viale della Libertà su decisione della Commissione Toponomastica in base alla seguente motivazione:
“Questo viale è dedicato alla memoria di tutti i martiri che sotto qualunque cielo ed in difesa di qualunque ideale sicuramente professato hanno testimoniato con la sofferenza e con il sacrificio della vita la loro fede nella libertà”.
Nel periodo post-bellico intensi lavori di recupero interessarono anche tutta l’area limitrofa al viale. Quest’ultimo ebbe un ulteriore periodo di splendore verso gli anni ‘60 in quanto abbellito con lecci che creavano una sorta di portico naturale ingentilendo lo spazio.
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