Un santo di Ravenna, Pier Damiani, entrato nell’eremo di Fonte Avellana nel 1035 e citato da Dante nel XXI Canto del Paradiso, scrive la Vita di un altro santo di nobile famiglia ravennate, Romualdo, morto nel 1027.
Molto probabilmente non si sono mai incontrati, ma San Pier Damiani, condividendo gli ideali di Romualdo, ha potuto raccogliere testimonianze dai contemporanei sulla figura di questo eremita ‘globetrotter’ e mai soddisfatto dei traguardi raggiunti.
Romualdo, nato intorno al 953, diventa monaco nel monastero di Sant’Apollinare in Classe nella sua stessa città. Insoddisfatto della vita monacale, si trasferisce nella laguna veneta, poi, dopo un lungo peregrinare tra la Catalogna e la dorsale appenninica, attratto ancora dall’eremitismo lacunare, nel 998 si reca nell’isola del Pereo, a quindici chilometri a Nord di Ravenna.
Qui trova un uomo venerabile, Guglielmo, che condivide la sua vita austera e qui incontra il giovane imperatore Ottone III, che lo vuole suo collaboratore nella riforma della Chiesa e che, su richiesta del duca di Polonia, chiede di inviare dei confratelli nell’Est per evangelizzare quei territori ancora pagani.
Nell’aprile del 1001 l’imperatore Ottone III dispone la costruzione di un edificio adatto ad ospitare il nuovo monastero di San Romualdo e di una nuova chiesa, di forma rotonda, dedicata a Sant’Adalberto, arcivescovo di Praga e martirizzato in Polonia nel 997. Da quel momento l’isola del Pereo diventa la località di Sant’Adalberto, poi contratto in Sant’Alberto. Dopo la partenza di San Romualdo per l’Istria il monastero decade e diventa oggetto di contestazioni tra l’arcivescovo di Ravenna ed il vescovo di Comacchio.
Secondo la leggenda, sarebbe stato proprio Adalberto, appartenente a una nobile famiglia boema, ad inviare missionari in terra ungherese, al fine di convertire il principe magiaro Geza, che venne da lui battezzato nel 985 insieme al figlio Vajk.
Sarà proprio il giovane Vajk il vero artefice della definitiva cristianizzazione dell’Ungheria. Incoronato re a Roma nell’anno 1000 da papa Silvestro II, arcivescovo di Ravenna fino all’anno precedente, prenderà il nome di Stefano, protomartire cristiano.
Tornando dalla Città Eterna, il futuro Santo Stefano d’Ungheria fonderà un ospizio per pellegrini divenuto poi abbazia benedettina e camaldolese, nei pressi di San Pietro in Vincoli, nella campagna ravennate.