
Cervia, città dalla storia millenaria, vanta un personaggio che sembra uscito da una fiaba, celebrato addirittura dal premio Nobel per la letteratura, Grazia Deledda.
Piccolo, gobbo, claudicante, cieco da un occhio, balbuziente: ecco come appariva Pitino Augusto Italiano Ricci, per tutti Trúcolo, classe 1890.
Abitava presso il teatro di Cervia assieme alla madre e alla sorella e aveva ereditato dal padre il mestiere dello stagnino: con un martello, un paio di pinze e un saldatore di rame che scaldava nel caminetto riparava coperchi, pentole e pentolini di ogni genere.
Reperiva lo stagno che serviva per le riparazioni da scatolette e barattoli buttati nella spazzatura, che poi trasportava in un sacco caricato sulle spalle.
Il suo incedere per le strade della cittadina costiera era, quindi, accompagnato da un inconfondibile rumore metallico, ritmato dal bastone che lo sosteneva durante il cammino.
Come se non bastasse, portava uno strano paio di occhiali che si era fabbricato da solo con il vetro da un lato e un disco di latta dall’altro, in corrispondenza dell’occhio cieco.
Il suo aspetto poco gradevole era però bilanciato da una gentilezza, un’onestà e un attaccamento al lavoro che lo fecero amare da tutti i Cervesi, molti dei quali gli donavano abiti e cappelli, spesso però troppo grandi per la sua corporatura minuta.
Pare difatti che il nomignolo derivi dal dialetto ‘ tròcal’, tozzo di pane.
Oltre ai suoi concittadini, tuttavia, c’erano anche forestieri importanti, attratti dai benefici e dalla bellezza della località balneare, tra cui la poetessa sarda Grazia Deledda, che lo citò su un quotidiano, lodando la bontà dell’omino dalla goccia di stagno.
Questi, sorpreso, inviò un breve ma incisivo ringraziamento a quella signora elegante che conosceva appena: “Tante congratulazioni da Augusto Ricci detto Trúcolo, il gobbino dalla goccia di stagno”.