Tullio-Levi-Civita, Albert Einstein e Gregorio Ricci-Curbastro

Nato a Lugo nel 1853, cresce in una nobile famiglia votata alla scienza: il padre e il nonno paterno sono ingegneri, mentre il nonno materno primo insegnante di idrometria nella Scuola Pontificia degli ingegneri a Roma.

Gregorio Ricci Curbastro, seguace del matematico tedesco Bernhard Riemann, è uno dei fondatori della scuola italiana di geometria e all’Università di Padova, dove nel 1879 viene nominato professore di fisica matematica poi di algebra nel 1890, pone le basi della teoria degli spazi curvi in ogni dimensione.

Le sue lezioni sono apprezzate per precisione e “castigata fluidità di forma”, ma resta un matematico sempre isolato nelle sue ricerche.

Ai primi anni del Novecento, affianca all’incarico di preside della Facoltà di Scienze, quello di consigliere e assessore alla Pubblica istruzione e alle finanze del Comune di Lugo.

Finché un suo ex insegnante di Monaco di Baviera, Felix Klein, direttore della rivista Mathematische Annalen, gli chiede un articolo sul calcolo differenziale assoluto.

Senza questo lavoro Méthodes de calcul différentiel absolu et leurs applications, pubblicato nel 1900 a firma di Gregorio Ricci e Tullio Levi-Civita, Albert Einstein, premio Nobel per la fisica nel 1921, non sarebbe probabilmente mai giunto ad elaborare la teoria della relatività generale.

Anche se la comunità scientifica non coglie immediatamente l’importanza dello studio del lughese, Einstein riconosce il proprio tributo verso Ricci Curbastro nell’ottobre 1921 quando, in Italia per un ciclo di conferenze, vuole conoscerlo personalmente presso l’Università di Padova.

La vicenda di Ricci Curbastro, stimatissimo da amici e colleghi, anche i più grandi, ma sconosciuto al grande pubblico, conferma una costante nella storia della scienza: il “genio” è in realtà l’ultimo anello di una catena fatta di contributi precedenti, determinanti ma purtroppo quasi mai agli onori della cronaca.