Da un manoscritto del 1390, custodito presso il British Museum di Londra, sappiamo che già nel XIV secolo c’era una comunità ebraica nel comune di Bertinoro, località da sempre famosa per la sua ospitalità.
Ancora nel XV secolo, infatti, gli Ebrei presenti in città vivevano pacificamente ed erano rispettati dalla popolazione locale. Nonostante lo Statutum Vetus (1431) desse al podestà di Bertinoro la facoltà di espellere i cittadini che praticavano altre religioni, ad eccezione di quella cattolica, gli Ebrei non ebbero mai problemi di convivenza, come testimonia successivamente una bolla di Papa Alessandro VI che proibiva di molestare gli Ebrei di Bertinoro. Siamo nel 1492, anno in cui in Spagna gli Ebrei furono malamente cacciati.
È di quegli anni la massima gloria letteraria ebraica, resa immortale per il suo commento alla Misnà, raccolta di leggi religiose e civili che vengono studiate ogni giorno in tutto il mondo ebraico. Nato a Bertinoro verso il 1450, Ovadyah Yare lasciò il paese nel 1487 per recarsi a Gerusalemme, dove morì nel1500. Sepolto ai piedi del Monte degli Ulivi, sulla sua tomba sta scritto “Ovadyah, il Gran Bertinoro”.
Rabbi Ovadià (che significa “servitore di Hashèm), figlio di Abram di Salomone, era solito leggere ogni settimana la parashah, suddivisione della Torah, con un andamento solenne, in una lingua antica ma con una pronuncia segnata dall’inflessione romagnola, alla quale rimase legato per tutta la vita, tanto da farsi chiamare (e firmare le opere più importanti) con il nome di Bartenura, dal dialetto romagnolo Bartnora.
A Bertinoro la convivenza pacifica tra Ebrei e Cattolici continuò fino al 1569, anno in cui il papa Pio VI ordinò l’allontanamento degli Ebrei stanziati nei territori appartenenti allo Stato della Chiesa, ad eccezione delle comunità ebraiche che abitavano a Roma e ad Ancona, dal momento che ricoprivano ruoli molto importanti della società.
Visitando le sale del Museo Interreligioso allestito dentro all’antica rocca medievale, dove è ricostruita la sinagoga di Bertinoro e l’interno di una casa ebraica, sembra ancora di sentire la voce del Gran Bertinoro calma ma profonda, come quando predicava agli ebrei di Palermo, che gli tagliarono i lembi del tallit di nascosto, trattandolo quasi come un santo. Oppure, quando arrivò a Gerusalemme in lacrime, perché Ovadyah, da buon romagnolo, sapeva che si può piangere solo quando realizzi il sogno di una vita.