La Rocca di Cesena da Piazza del Popolo (foto Shutterstock)

Abile amministratrice, fedele alle proprie convinzioni, impavida, feroce ma anche bella, Marzia degli Ubaldini (Forlì 1317-1381) aveva già nel nome il presagio della sua vita bellicosa.

Meglio conosciuta come Cia, sposa nel 1334 Francesco II Ordelaffi con cui lottò per la causa ghibellina a Forlì e Cesena, era nipote del condottiero Maghinardo Pagani.

Nel 1353 Papa Innocenzo VI da Avignone incarica il cardinale Egidio Albornoz di restaurare la propria autorità in Italia, particolare tra Marche e Romagna.

Già nel 1351 Cia Ordelaffi dimostra la propria abilità nell’uso delle armi e dell’arte bellica, aiutando a Dovadola il figlio Ludovico contro i conti Guidi ma è quando Francesco II è colpito dalla scomunica nel 1356 per non essersi piegato al controllo papale che Cia dimostra il proprio animo “ardito e franco”.

Nell’aprile 1357 le famiglie guelfe aizzano la popolazione contro la fazione ghibellina, costringendo Cia e i suoi soldati a ritirarsi presso la cittadella, meglio conosciuta come Murata, da dove vengono gettati i resti dei rivoltosi catturati e decapitati.

Galeotto Malatesta viene in aiuto del cardinal Albornoz e riuscirà ad espugnare la Murata, ma Cia, grazie a un sistema di gallerie sotterranee, si rifugia in una fortificazione della Rocca Vecchia.

Qui insieme ai suoi soldati riesce a difendere eroicamente la propria postazione, ma si arrende il 21 giugno. Incarcerata ad Ancona e scarcerata in seguito alla capitolazione di Forlì, si riunisce al marito e ai figli esiliati in Veneto.

L’Albornoz, non contento, nel febbraio 1377 prende a pretesto una semplice scaramuccia tra macellai locali e mercenari bretoni per infliggere alla comunità cesenate la damnatio memoriae.

Il cardinale Roberto di Ginevramacellator caesenatum” cerca rinforzi in altri soldati di ventura guidati dall’inglese John Hawkwood, Giovanni Acuto, ordinando il saccheggio della città e la tabula rasa della popolazione: circa 5.000 vittime e qualche migliaio di deportati.

Papa Urbano VI concede a Galeotto Malatesta di ricostruire Cesena, completamente distrutta, e di istituirvi la propria signoria.