Ravenna medievale
Ricostruzione di Ravenna in epoca medievale (https://www.ravennantica.it/classe-e-ravenna-al-tempo-di-dante/)

Nato a Jesi nel 1194, il duca di Svevia, fu Re di Sicilia, Imperatore del Sacro Romano Impero e anche Re di Gerusalemme; tuttavia il suo passaggio in Romagna segna uno dei momenti più oscuri della storia locale.

Nel ristabilire l’ordine sovrano in seno al Regno d’Italia, Federico II perseguì dapprima una politica d’intesa coi poteri religiosi e civili della ‘Romandìola‘. Già nel 1220 il sovrano confermò all’arcivescovo ravennate Simeone diritti e beni della sua Chiesa, ma lo stesso anno, nell’ambito di un piano di ristrutturazione territoriale a scopo militare, decise l’accorpamento dei territori di Ravenna, Cervia e Bertinoro, affidandone il controllo al podestà Ugolino di Giuliano da Parma, già rettore di Romagna.

Tali imposizioni limitative delle autonomie comunali crearono sfiducia e tensioni all’interno dei patriziati ravennati e romagnoli, con conseguente propaganda antisveva papale e guelfa. Nel 1228, infatti, papa Gregorio IX giunse a scomunicare lo Svevo, dandone notizia immediata al nuovo arcivescovo ravennate Tederico, dapprima intimidito dalle pressioni della parte ghibellina, rappresentata dai Traversari di Ravenna e dai Malvicini di Bagnacavallo, poi sempre più deciso ad abbandonare l’ossequio a Federico II.

Tuttavia, quest’ultimo, per niente rassegnato e conscio del valore simbolico della città già capitale, volle indire una dieta generale fra il 1231 e il 1232, che però fu disertata da gran parte dei convocati. Si aprì così una fase di intensa attività diplomatica, in cui fu coinvolto lo stesso Tederico, che lo ricorda come “dilectus princeps noster”.

Bologna guelfa e la sua alleata Faenza avevano costituito una solida resistenza antimperiale e di potenziale pericolo per il dominio svevo nella Bassa Padana che si fondava soprattutto sul controllo di Ravenna. Anche qui la solidarietà filoimperiale si stava sfaldando: Paolo Traversari, trascurato dalla politica accentratrice sveva che aveva elevato alle maggiori magistrature del comune funzionari forestieri, disobbedì apertamente, per cui venne bandito come traditore e privato di ogni diritto.

Federico II nel 1239 inviò a Ravenna il figlio Enzo per richiedere a quei sudditi l’immediato rinnovo del giuramento di fedeltà in cambio del perdono, ma non diede i risultati sperati.

Nel giugno 1240 Federico II realizzò l’assedio ‘dimostrativo’ di Ravenna, operando il prosciugamento di fiumi e canali attorno alla ittà. La nobiltà ribelle fu condannata a morte o esiliata; lo stesso arcivescovo Tederico subì un trasferimento coatto fino al 1246, lasciando vacante la sede arcivescovile e disperdendo buona parte dei suoi beni.

L’imperatore fece asportare due preziose colonne della chiesa di San Vitale e le trasferì a Palermo, in analogia con uno spoglio praticato più di quattro secoli prima da Carlomagno per arricchire la corte di Aquisgrana.

Nel 1241 Federico II riuscì ad estendere le sue conquiste a Faenza ribelle, ma non poté mai fiaccare le resistenze guelfe e filopapali del mondo padano, prima di subire il tracollo militare e la morte.