Nella Basilica paleocristiana di Sant’Apollinare Nuovo si trova la prima rappresentazione della Vergine in trono nel gesto della mano parlante, cioè benedicente.
Nel contesto cristiano occidentale il gesto delle due dita sporgenti verso l’alto apparteneva esclusivamente al Cristo, retaggio del mondo pagano.
La mano parlante, infatti, era il gesto più tipico dell’oratore nell’antichità, detto adlocutio ed era utilizzato per ottenere l’attenzione del pubblico. Gesticolare, in età romana, non era affatto disdicevole.
La gestualità delle mani venne prediletta dagli artisti proprio per far parlare i personaggi che, altrimenti, sarebbero risultati statici e muti, ivi comprese le donne.
Così, a Ravenna, tra i mosaici parietali in paste vitree tipici del V e VI secolo, troviamo l’immagine parlante della Vergine Maria, seduta su di un trono tempestato di pietre preziose, prima di una lunga serie di icone e pitture bizantine che caratterizzano gli albori del Cristianesimo.
Nel Nuovo Testamento Gesù aveva introdotto profonde novità rispetto al mondo giudaico e pagano: egli rivaluta la natura e la dignità della donna, così come dei poveri e degli umili e rimette in discussione pregiudizi degli uomini.
Le sue inequivocabili parole sull’inscindibilità del vincolo matrimoniale e sulla uguale dignità dei coniugi costituiscono, per esempio, una novità radicale, sia per i Giudei abituati alla poligamia e al ripudio della moglie, sia per i Romani che praticavano il divorzio in maniera assai disinvolta.
L’atteggiamento misogino e antimatrimoniale di numerosi Padri della Chiesa, purtroppo, colpì profondamente gli uomini del Medioevo, scaricando sul matrimonio il peso di Eva e del peccato originale. Le donne vennero colpevolizzate e demonizzate e, di conseguenza, emarginate per la loro inferiorità, tanto da perdere quel ruolo guida che gli aveva affidato l’arte paleocristiana.