Nel giugno 2003 venne insignita del Nansen Refugee Award, prestigioso premio Nansen per l’assistenza ai profughi, dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Nata a Forlì nel 1943, trascorse buona parte della sua vita come volontaria in Africa prima di venir uccisa il 5 ottobre 2003 da un comando islamico nel centro assistenziale che dirigeva in Somalia.
Si dedicò a lungo alla preghiera contemplativa, alla lettura di autori spirituali e all’adorazione eucaristica e avrebbe preferito un’esistenza più eremitica, se non fosse stata assillata dal pensiero di aiutare i poveri, i sofferenti e gli abbandonati.
Approdata in Africa nel 1969, lasciò importanti testimonianze della sia attività di missionaria laica, in Kenya e Somalia dove, proprio a Borama, luogo del suo omicidio, aprì la Scuola speciale per sordomuti e bambini disabili e un Centro antitubercolosi.
Quanto tornava in Italia, frequentava l’eremo di Cerbaiolo, tra la Toscana e la Romagna, o quello di Spello, in Umbria.
Nonostante fosse continuamente minacciata, in quanto donna bianca cristiana e non sposata in un paese di fede diversa, dichiarò di non avere mai provato paura: « Sono stata in pericolo di vita, mi hanno sparato, picchiata, sono stata imprigionata, ma non ho mai avuto paura».
Quando parlava dei ‘suoi’ somali e della difficoltà di essere cristiana in un clima di forte intolleranza religiosa, affermava dei somali: «Siccome mi vogliono bene, hanno sperato che diventassi musulmana. Ma da quando un vecchio capo ha decretato che andrò in Paradiso, anche se sono un’infedele, tutti accettano che io resti l’unica cristiana del luogo».