San Giorgio che atterra il Drago (foto Shutterstock)

Nella tradizione occidentale il drago simboleggia un ostacolo da superare, uno scopo da raggiungere e la sua uccisione da parte dell’eroe rappresenta la conquista di un obiettivo.

I draghi possono vivere nei secoli ed essere così depositari di saperi antichi; il più noto della tradizione popolare è quello che venne trafitto da San Giorgio il quale, come quello di San Pancrazio, viveva nelle paludi alle porte di Ravenna e minacciava il bestiame del vicinato nonché le puerpere e i bambini, che si dicevano perfino rapiti nella culla.

L’attenzione nei confronti del biscione, e’ bisô, attirò molta gente che si decise a parlarne col legato pontificio.

Questi ebbe l’idea di far uscire di prigione un brigante impenitente, condannato per diversi crimini, tal Ghilardo, proponendogli la redenzione dai suoi peccati in caso riuscisse ad uccidere la terribile bestia di San Pancrazio.

La sua abitudine a cavarsela nelle situazioni peggiori gli fu congeniale anche questa volta: attirò il drago mettendo una tinozza col latte in mezzo alla palude e, mentre il drago trangugiava il liquido bianco, Ghilardo piantò la sua spada tra due scaglie del collo, facendolo morire dissanguato.

La testa del drago fu racchiuda in una pietra incastonata nella facciata di Villa Roncuzzi che è ancor in attesa di un prodigio che possa liberare la bestia dalla sua cattività.