
L’ex refettorio dell’antico monastero benedettino ospita, tra le altre cose, un meraviglioso ciclo di affreschi trecenteschi provenienti dall’antica Chiesa di Santa Chiara, fatta realizzare nel 1255 da Chiara da Polenta.
Questa, sorella della celebre Francesca detta da Rimini, riunì qui un gruppo di donne ravennati che, secondo la regola delle Clarisse di Assisi, aveva scelto di vivere in preghiera, umiltà e povertà attorno al vecchio oratorio di Santo Stefano in Fundamento, alla periferia della città.
La vita del convento si concluse bruscamente nel 1805 con le soppressioni napoleoniche, quindi la chiesa sconsacrata venne acquisita dall’amministrazione comunale e trasformata nell’attuale teatro intitolato all’attore Luigi Rasi.
Dall’interno della chiesa medievale vennero fortunatamente staccati gli affreschi del presbiterio, attribuiti dapprima a Giotto, poi ad un suo allievo, Pietro da Rimini e trasferiti nell’ex refettorio dell’attuale Museo Nazionale di Ravenna.
Secondo Giorgio Vasari, Ambrogiotto di Bondone detto Giotto (1267-1337), essendo amico di Dante Alighieri, venne ospitato a Ravenna dallo stesso Guido Novello che aveva accolto il poeta fiorentino. Lo stesso Dante, nell’XI Canto del Purgatorio, dedicato ai superbi, fa dire al miniatore Oderisi da Gubbio, che “Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura”.
In verità non vi sono tracce certe che confermano la presenza di Giotto a Ravenna, ma sappiamo che la sua permanenza in Romagna, dal 1303 al 1312 circa, aveva dato vita ad una scuola pittorica nota per l’originalità delle soluzioni prospettiche, la fantasia narrativa, la vitalità e la naturalezza degli sguardi e il cromatismo caldo, per lo più pastello, ma con cieli di un azzurro intenso.
Intorno al 1320, Pietro dipinge la Natività e l’adorazione dei Magi, mentre di fronte il Battesimo di Gesù, l’orazione nell’orto degli ulivi, la Crocifissione. Tutte e tre le pareti sono dominate dal ricordo del sacrificio di Gesù e della sua Crocifissione. Nelle vele della volta appaiono gli Evangelisti, testimoni della vita di Cristo, con i Dottori della Chiesa, che sulla base delle testimonianze dei primi ne approfondirono il significato.
Sotto l’arco trionfale sono raffigurati i ‘campioni’ della Chiesa romana, a seguito di Gesù e di Maria, di San Pietro e San Paolo: San Francesco e Santa Chiara D’Assisi, Sant’Antonio da Padova e San Ludovico da Tolosa.