È un gioco che affonda le sue radici nell’antichità ed era diffuso anche in Romagna. Perse il suo fascino nel XX secolo con la diffusione di nuove mode e discipline
La Palla al Bracciale affonda le sue radici nell’antichità e probabilmente trae origine da un gioco che i Romani praticavano servendosi del “follicolum”, un piccolo pallone pieno d’aria che si colpiva con il pugno protetto da una fasciatura che arrivava fino all’avambraccio. In Italia le prime regole furono definite nel “Trattato del gioco della palla” scritto nel 1555 da Antonio Scaino. L’autore sottolinea che per proteggere la mano e per aumentare la potenza del colpo veniva utilizzato un “bracciale” che arrivava a coprire tutto l’avambraccio, ma lasciava libera l’articolazione del gomito.
Dove si praticava
Il gioco, inizialmente praticato nei cortili dei palazzi, venne poi portato all’esterno e le aree generalmente usate furono gli slarghi delle vie e le piazze. Tuttavia la necessità di disporre di un muro d’appoggio laterale vide negli spazi ricavati a ridosso delle mura cittadine o castellane le sedi più adatte. Tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento in diverse città grandi e piccole, soprattutto in Toscana, Emilia Romagna e Marche, si costruirono edifici specifici: gli sferisteri. Nel XX secolo l’affermarsi di nuovi sport e nuove mode relegarono la Palla al Bracciale ad un ruolo marginale. Solo alcuni centri delle Marche e della Romagna hanno continuato a mantenere viva la pratica della Palla al Bracciale con manifestazioni ed incontri. Nel 1992 è stato costituito un Comitato Nazionale e organizzato un regolare Campionato Italiano riconosciuto dal Coni.