Una rappresentazione del palio
(paliodifaenza.it)

Nel XVI secolo a Faenza, la manifestazione aveva grande importanza per la città e per i cittadini

Nel XVI secolo a Faenza si correva, il giorno dell’Assunta, un Palio di cavalli le cui norme trovavano fondamento nell’ordinamento giuridico della città. Questo fatto testimonia la grande importanza che la manifestazione rivestiva per la città e per i cittadini. Il giorno precedente la festa il palio veniva esposto ad una finestra della residenza del Podestà. Così lo descrive Primo Solaroli: “Il palio, cioè il drappo che si dava in premio al vincitore, era acquistato con i fondi del Comune; per questa festività il suo colore era verde, doveva essere di panno finissimo, la sua misura doveva essere stabilita in otto braccia ed ogni braccio non doveva avere un valore inferiore ai 45 soldi bolognesi”. La rosa dei premi era completata da una porchetta, un gallo, due once di spezie e una resta di agli. Cavalli e Cavalieri dovevano essere presentati ai cittadini sulla Piazza.

La corsa ed il suo regolamento

La corsa poteva essere fatta con cavalli montati o alla barbaresca, cioè senza cavalieri ma bordati  con pugnali fastidiosi in modo che il cavallo in corsa si sentisse continuamente spronato. La partenza era data da un ufficiale del Comune, designato dal Podestà, nella zona dell’attuale Pieve Ponte, fuori Porta Imolese; l’arrivo era situato nella Piazza Maggiore della città. Così ne parla Solaroli: “Una gara durissima dunque, cinque chilometri percorsi a spron battuto dovevano essere massacranti per cavallo e cavaliere, e non dovevano mancare scorrettezze ed inganni se le disposizioni del capitolato fanno preciso divieto di consegnare immediatamente i premi ai relativi vincitori”, dovendosi aspettare la relazione del delegato alla “mossa”, cioè alla partenza. Se la gara veniva invalidata per scorrettezze si doveva ripetere il giorno seguente.