
Punto di riferimento per il futurismo romagnolo e imolese, ha condotto una ricerca artistica che lo ha portato a sperimentare correnti culturali e visive attraverso tutto il XX secolo.
Mario Guido Dal Monte, imolese, classe 1906, è stato un futurista anomalo. Dinamico, certo, poiché espose nei luoghi più disparati, sia in Italia che all’estero (Atene, Buenos Aires, Parigi, Berlino, Losanna, New York), ma sempre, che lo volesse o meno, legato alla Romagna, a quella provincia che lo ispirò ma anche, nelle sue impressioni, limitò la sua vocazione artistica.
Nella sua personalissima visione dell’avanguardia futurista, non era interessato tanto a rendere l’idea della velocità, del dinamismo, dell’instancabile movimento; piuttosto, ciò che la sua arte cercava di raggiungere era una scomposizione dei colori, in modo che il vero soggetto divenissero il cromatismo, le luci, le forme.
Il suo esordio come pittore si ebbe nel 1926, quando partecipò alla collettiva indetta dalla sezione di Imola del Sindacato Artisti Italiani. In stretto contatto con Filippo Tommaso Marinetti, dopo avere visitato la “Mostra del Futurismo Italiano” da questo allestita alla Biennale di Venezia del 1926, Dal Monte, l’anno successivo, formò a Imola il “Gruppo Futurista Boccioni”. Successivamente iniziò ad esporre in tutta Italia e, nel 1928, ormai divenuto un punto di riferimento per il movimento, organizzò un’esposizione del gruppo futurista imolese. In quell’occasione, presentò il suo lavoro con queste parole (come riportato nella biografia dell’artista in Romagna Futurista, a cura di B. Buscaroli Fabbri, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2006, p. 197):
“Pittura, Decorazione, Scenografia, Architettura, Scultura, Creazioni originalissime decorative per salotti, Garconnière, Dancing, Teatri, Caffè, Bars, Paraventi, Arazzi, Cuscini, Mobiletti, Disegni, Illustrazioni, Affiches, Scene, Costumi, Creazioni di mode futuriste, Allestimento feste danzanti e mascherate ultra-originali”.
Insomma… di tutto un po’, in pieno stile futurista. Negli anni successivi, infatti, la sua ricerca di nuove e diverse tendenze artistiche non fu mai doma: sperimentò l’astrazione, il surrealismo astratto, l’informale, l’optical art e il neoconcretismo, fino a quando non venne a mancare, nel 1990.
Suggerimento bibliografico: E. Mirri, “Dal Monte e il futurismo imolese”, in Romagna Futurista, a cura di B. Buscaroli Fabbri, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2006, pp. 36-43.