Studio per
“Studio del cavallo narratore”, Giovanni Marchini, 1901 ca, olio su tavola, conservato alla Pinacoteca civica “Melozzo Degli Ambrogi” di Forlì (Portale PatER)

Forse perché fu costretto, con la famiglia, ad emigrare in Argentina, a Buenos Aires, quando era ancora giovane, il forlivese Giovanni Marchini scelse di ritrarre nei suoi quadri la semplice vita di campagna e il mondo degli umili

A differenza di quanto rappresentato, ad esempio, da Francesco Nonni, le opere di Marchini hanno un gusto quasi verista. Infatti la vita di campagna, della natura, degli animali e degli umani, viene rappresentata senza quella patina mitizzante e idillica delle xilografie del Nonni, ma si nota apertamente già dai titoli che l’obiettivo di Marchini è comunicare altresì la fatica, la sofferenza, le difficoltà che si incontrano nella lotta quotidiana per guadagnarsi da vivere.

È così che ritroviamo opere come Egloga (La morte del pastore), Genitori che portano la bara del figlioletto morto al cimitero (il tema della morte e della malattia è presente anche in altre rappresentazioni, come La malaria o Ricoverati in corsia) o Paesaggio di montagna con cavallo morente (il riferimento spesso presente alla montagna è dovuto al fatto che Marchini amava risiedere sull’Appennino tosco-romagnolo).

La figura del cavallo, in particolare, forse perché si tratta di un animale che rappresenta alla perfezione quell’auspicata alleanza simbiotica tra uomo e natura, è molto cara a Marchini: egli infatti realizzò anche il dipinto Il cavallo narratore (un cui studio preparatorio è presentato in copertina), ispirato all’omonimo racconto di un pilastro della letteratura russa e mondiale come Lev Tolstoj, suo contemporaneo, che manifestò apertamente la sua approvazione, facendo all’artista i suoi complimenti.

Da quel momento, aumentò la notorietà internazionale di Marchini, che nel 1920 fu il fondatore della felice esperienza del Cenacolo Artistico Forlivese, che negli anni a venire avrebbe raccolto le diverse sensibilità artistiche della città. 

In definitiva, “radicalmente e fedelmente ancorato a una concezione della pittura come strumento di verità e di umanistica partecipazione alla vita, Marchini si è sempre tenuto lontano da movimenti e tendenze” (cit. da Arte dal vero. Aspetti della figurazione in Romagna dal 1900 a oggi, catalogo della mostra, Imola 7 novembre 2014 – 8 marzo 2015, a cura di F. Bertoni, La Mandragora, Ravenna 2014, p. 196).