
Il pittore ravennate Domenico Miserocchi rappresentò spesso paesaggi della sua terra, così come il suo insegnante, il fiorentino Arturo Moradei: entrambi rimasero incantati dall’atmosfera della pineta e dalla vita rustica.
Di umilissime origini, Miserocchi fu accolto molto giovane come garzone nello studio del pittore, fiorentino di nascita ma residente per lungo tempo a Ravenna e innamorato dei paesaggi della Romagna, Arturo Moradei: fu proprio quest’ultimo ad attribuirgli il soprannome di “Pastorino”, riferito al rustico cappello di paglia che il giovane soleva indossare.
Lo stesso Moradei lo avvicinò alla pratica artistica e Domenico a soli tredici anni si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Ravenna (dove il fiorentino era insegnante di pittura), che frequentò fino al 1882, quando si trasferì a Roma. Dopo un periodo trascorso proprio nella capitale e successivamente a Firenze, rientrò a Ravenna, ove dipinse soprattutto immagini rustiche della sua Romagna e quieti paesaggi del ravennate, tra cui, su tutti, ricordiamo la pineta.
Un’opera di Miserocchi particolare è il pastello su cartoncino riportato in copertina, intitolato Vittorio Guaccimanni e due altre figure ai lati. Da un lato, ci fa comprendere quanto la figura di Guaccimanni stesso fungesse da punto di riferimento per i suoi contemporanei concittadini (da ricordare che anche Guaccimanni fu allievo di Arturo Moradei e lo ritrasse); dall’altro, quantomeno nelle impressioni di chi scrive, questo pastello non può non richiamare alla mente il mosaico rappresentante Giustiniano e la sua corte in San Vitale.
L’esperienza artistica di Miserocchi rimase legata a doppio filo a quella di Moradei, tanto che nel 1901 gli succedette nell’insegnamento di pittura dell’Accademia di Belle Arti.