La leggenda di S. Agnese
Le virtù terapeutiche e salutari delle acque termali di Bagno di Romagna furono conosciute ed apprezzate dai Romani, che ne fecero un luogo di sosta e di culto dedicato ad una divinità delle acque, una Ninfa, regina della sacra fonte. Col tempo questo culto delle acque, alimentato dalla devozione popolare, fu assorbito dal Cristianesimo che fece suoi i poteri curativi, e pertanto al culto della Ninfa subentrò la devozione a Santa Agnese, a cui Bagno di Romagna intitolò nel tardo Cinquecento lo stabilimento termale.
Nella Legenda, Agnese è una fanciulla cristiana di 13 anni, vissuta a Roma al tempo delle persecuzioni di Diocleziano (284 – 305) che, votatasi alla castità, preferisce il martirio al matrimonio. Quando la figlia dell’imperatore Costantino, recatasi a pregare sulla tomba di Agnese, ottiene la guarigione dalla lebbra, in suo onore fece erigere una basilica.
La notizia del miracolo portò a Bagno tale culto per la martire romana che si tramutò in un’ Agnese locale, simbolo soprannaturale delle acque termali.
L’Agnese di Romagna
Divenne quindi la figlia di un nobile di Sarsina, promessa in sposa dal padre ad un giovane pagano. Lei, segretamente cristiana, non vuole sposarlo, e pertanto prega Dio di sfigurarle la bellezza con la lebbra. Il padre, saputo della fede cristiana, l’accusa di stregoneria perché si è fatta venire quella orribile malattia, ed ordina pertanto di condurla in una selva lontana da Sarsina e di ucciderla. I soldati che l’accompagnano, mossi a compassione, la lasciano libera. A prova della sua morte portano al padre una veste imbrattata del sangue di un agnello, ucciso al suo posto. Agnese vaga per le selve attorno a Bagno, fino a che un cagnolino che aveva con sé, razzolando, fa scaturire le acque calde e salutari ove ella s’immerge rimanendo sanata.
Fino a tutto il Quattrocento la Agnese che si venera a Bagno è ancora la martire romana, poi la leggenda e la tradizione faranno comunque risalire la scoperta e l’origine delle Terme di Bagno ad una Santa Agnese locale, raffigurata in abiti per metà monacali e per metà secolari, con in mano i gigli e, ai suoi piedi, il cagnolino che fece zampillare le acque calde.