Rimini ponte Tiberio
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Realizzato in pietra d’Istria, ha piloni con un’unica fondazione per assicurarne la migliore stabilità

Una leggenda narra che l’impronta di piedi caprini ancora oggi visibile sulla balaustra del ponte di Tiberio, che a Rimini attraversa il fiume Marecchia, sarebbe quella lasciata dal diavolo adirato dopo essere stato sbeffeggiato niente meno che dall’imperatore romano in persona.

A terminare il celebre ponte nel 21 d.C., dopo sette anni di continui crolli e lavori proceduti a rilento, sarebbe stato il diavolo che in cambio della promessa di ricevere un’anima (quella della prima persona che avrebbe dovuto oltrepassare l’opera architettonica conclusa) assicurò a Tiberio di ultimarne la costruzione in una sola notte.

Così fu, tanto che il Ponte di Tiberio è conosciuto anche come Ponte del Diavolo, ma il successore di Augusto superò in astuzia il temibile avversario facendo varcare le arcate di quella meraviglia architettonica da un cane. Indispettito per l’affronto e dopo aver sferrato un calcio per cercare di distruggerlo, il diavolo si rese conto invece di aver costruito un ponte talmente forte e robusto da renderlo indistruttibile anche a quelli che sarebbero stati i pesanti bombardamenti del secondo conflitto mondiale.

Partendo dal caratteristico Borgo di San Giuliano, il famoso quartiere riminese dei pescatori dove le tradizioni hanno saputo resistere alle ingiurie del tempo, si costeggia il fiume Marecchia arrivando al Ponte di Tiberio, detto anche d’Augusto perché iniziato per decreto dell’imperatore romano ma ultimato solo nel 21 d.C. dal suo successore da cui ha preso il nome.

Interamente realizzata in pietra d’Istria, a cinque arcate a tutto sesto di cui l’ultima tagliata dai Goti nel 552 per impedire il passaggio ai greci di Narsete e poi ricostruita più piccola, quest’opera rappresenta non solo uno dei più notevoli ponti romani superstiti ma anche la testimonianza di una grande sapienza tecnica: i suoi piloni non sono infatti disgiunti gli uni dagli altri ma hanno un’unica fondazione per assicurarne la migliore stabilità.

A progettare il ponte potrebbe essere stato Vitruvio, architetto vissuto fra il 90 e il 20 a.C., che disegnò una struttura lunga 62,60 metri e larga 8,65 metri con arcate che variano dagli 8,70 ai 10,50 metri ingrandendosi man mano che raggiungono il centro del ponte. Ad impreziosire la struttura architettonica ci sono alcune decorazioni che presentano simboli e emblemi in onore di Augusto e quattro finestre a forma rettangolare che adornano i piloni di sostegno, obliqui rispetto all’asse del ponte.

Dopo aver subito alcuni danni per via di una piena del fiume nel corso del Trecento, il ponte fu restaurato prima su richiesta di papa Innocenzo XI° e poi nuovamente nel 1742 come si legge, fra l’altro, in un’incisione presente fra la prima e la seconda arcata.

Un monumento, dal 1885 dichiarato nazionale, che non dimostra certo i suoi 2 mila anni e che tutt’oggi, anche per merito di un soldato tedesco che decise di non distruggerlo alla fine della seconda guerra mondiale, è una delle più preziose testimonianze dell’antica arte romana al mondo: a testimoniarlo è il suo eccellente stato di conservazione, anche quello del bel parapetto in marmo che non sembra affatto avere due millenni di storia sulle spalle.