La struttura nelle vicinanze di Sarsina, in provincia di Forlì-Cesena, è ancora ottimamente conservata ai giorni nostri
Castel d’Alfero, suggestivamente arroccato su un arricciamento d’una formazione marnoso-arenacea protesa sul torrente Alferello, è ormai abbandonato ma è un ben conservato esempio di borgo derivante da una struttura medioevale.
Era infatti un “castrum”, piccolo ma ben munito, con rocca a valle sullo strapiombo, torre a monte, accesso laterale con porta, cinta muraria di raccordo che seguiva il ciglio dell’affioramento roccioso.
La parte a monte è stata ricostruita negli anni Sessanta quando è stata abbattuta anche la porta d’ingresso al castello, mentre della cerchia muraria rimangono brani solo nel lato sud.
Oggi vi si accede con una viottola, a lato dell’Oratorio della Madonna della Neve, che lambisce alcuni capanni ove era l’antica porta. Castel d’Alfero è documentato almeno dal 1216, e nel 1259 fu donato da Tommaso da Fogliano, nobile ravennate, ai Vescovi di Sarsina al cui comune tutt’oggi appartiene, costituendo una singolare enclave giuridico-amministrativa all’interno del territorio comunale di Verghereto.
Il borghetto è formato da cellule edilizie che formano due cortine continue. Il castello infatti, persa la sua funzione difensiva, tra il XV e il XVII secolo si è trasformato in borgo rurale, dividendo in piccole abitazioni i corpi di fabbrica addossati alla cinta muraria; gli affacci sono sulla corte interna, da dove tramite balchi – contenenti stalletti, forno e scale – si accede ai piani superiori. In fondo alla corte vi è una splendida abitazione che ingloba un tronco dell’antica rocca trapezoidale: un portale, datato 1773, introduce in un androne con forno; su un architrave sono scolpiti alcuni simboli (stelle composte, nodo gordiano) dovuti probabilmente a “magistri lapidum” lombardi.
Castel d’Alfero, nonostante abbandono ed rifacimenti, è ancora splendidamente conservato: un tuffo nel passato, in un medioevo giunto miracolosamente fino a noi.