Il teatro romagnola ha una lunga storia alle spalle
Il teatro romagnolo – cioè scritto in dialetto – inizia nel ‘900. Anche se c’erano già opere precedenti, come la Commedia Nuova… molto diletevole e ridiculosa di Piero Francesco da Faenza, è solo nell’ultimo secolo che si trovano le opere più importanti.
Tutto cominciò alla fine del’800, quando le “scenette” recitate durante il carnevale e le altre feste cominciarono ad essere messe per iscritto. Carlo Celli fu uno dei primi a scrivere le sue scenette, e così Ubaldo Valaperta.
All’inizio del ‘900, Giuseppe Cantagalli creò Lovigi Gianfuzi, un “letterato” che parla con un misto di dialetto e termini forbiti, e che commenta la vita sociale. Ebbe un grande successo.
L’autore più importante, però, fu Eugenio Guberti (1871-1944). Faentino, scrisse commedie ispirate alla sua città, Ravenna. E zenar (Il genero), I bragòn (I pantaloni) e Al tatar (Le pettegole) sono le più famose, anche se l’ultima delle tre è la più importante.
Proprio grazie al successo di Al tatar, nacque la “Compagnia dialettale ravennate”. Uno dei fondatori, Bruno Gondoni, scrisse anche opere drammatiche, in contrasto alla “moda” delle commedie.
Fra gli anni ’20 e ’30, Icilio Missiroli e Bruno Marescalchi scrissero un sacco di commedie. Marescalchi, che fu l’autore più importante dell’epoca, scrisse opere famosissime, come La burdëla incajeda, La mân d’ê mél e Gigiò e va int i fré.
Purtroppo, il regime fascista, che era contrario ai dialetti in favore dell’italiano, diede un freno a tutto questo filone teatrale. Si ricominciò dopo la guerra, con autori come Guido Umberto Maioli e il già citato Bruno Gondoni.
Oggi, il teatro romagnolo continua a esistere e a portare in scena spettacoli in lingua. Ci sono diverse compagnie. Giusto per citarne alcune: la Filodrammatica Berton di Faenza, la “Rumagnola C.D.T.”, la “Cumpagnì dla Zercia”, “La Compagine”.