Ecco un piccolo glossario di parole non subito traducibili in italiano
Come abbiamo visto spesso, certi termini dialettali non sono immediatamente traducibili in italiano. Molte volte derivano da parole antiche o in disuso, e quindi per un non-romagnolo (o anche per chi non mastica molto dialetto) risultano complicati da capire. Ecco allora un piccolo glossario curioso per ripassare o riscoprire certi termini.
Ciustè. È una schifezza, qualcosa di marcio, di brutto. Forse addirittura oltre a tutto questo. È una cosa così schifosa che ha bisogno di una parola onomatopeica.
Tabach. Non è il tabacco, ma il ragazzo. In realtà ci sono anche burdël e bastêrd. Cambia in base alle zone, da Ravenna a Forlì, passando per Cesena. È incredibile come una lingua sia così varia in così poco spazio.
Pidarsul. Il prezzemolo.
Pidariol. Ovviamente è l’imbuto. Non proprio ovviamente, in realtà, considerando che non assomiglia per niente alla parola “imbuto”, però è il classico esempio che si fa quando si citano parole non subito intuibili. Probabilmente viene da “pidria”: di fatto, è una pidria più piccola, quindi “pidariol”.
Grasul. Semplicemente i ciccioli.
Bajòc. Sono i soldi. I baiocchi erano monete del XV secolo, e venivano usate nello Stato della Chiesa. Siccome la Romagna fu sotto il dominio papale per decenni, è logico che il nome delle monete andò a indicare i soldi in generale.
Piròn. È come l’omino del sonno o quello della sabbia. Però in versione romagnola.
Garnadël. È la piccola scopa di saggina che veniva (e viene) usata per pulire i taglieri.