Una delle parole del folklore tutta da scoprire
Tutti quanti, in Romagna, conoscono gli s-ciucarèn. Nelle fiere di paese, durante le sagre, nelle feste di folklore più importanti come i patroni delle città: gli s-ciucarèn ci sono sempre.
Un tempo, queste figure intervenivano negli spettacoli sopra citati; oggi un po’ di meno. Nonostante ciò, sono una figura romagnola ormai diventata mitologica, e tutt’ora esistono ancora gruppi molti attivi e conosciuti.
Gli s-ciucarèn, come tutti i romagnoli sanno, sono degli artisti che interpretano una musica mediante l’utilizzo di una frusta, che agitano a tempo. Il legno con cui viene realizzato la frusta (in dialetto romagnolo “parpignen”) è quello del bagolaro, un albero molto flessibile.
La frusta, originariamente pensata per incitare gli animali, divenne in breve tempo lo strumento prediletto degli s-ciucarèn.
Ma ciò che interessa di più è l’origine del nome. Perché, insomma, si chiamano s-ciucarèn?
La parola è onomatopeica, perché suggerisce già il rumore praticato da questi artisti. In italiano, si potrebbe tradurre con “schioccatori”, visto che la frusta schiocca. La stessa parola italiana – “schioccare” – è onomatopeica.
Sin dall’inizio, insomma, gli s-ciucarèn si chiamano così per via del rumore che fanno con le loro fruste – rumore che, in effetti, è la loro caratteristica più famosa.