Scopriamo una delle parole dialettali più interessanti
Non tutte le parole dialettali un tempo di uso comune rimangono ancorate nel presente. Certi termini, per esempio, possono riferirsi a usi e costumi di una volta che ormai non funzionano più, e lentamente spariscono nella memoria senza qualcuno che le ricordi e se ne prenda cura. “E’ fulèsta” è uno dei tanti esempi.
Innanzitutto, è bene spiegare chi era costui. “E’ fulèsta”, semplicemente, era il “favolista” – la traduzione migliore potrebbe essere questa –, e cioè qualcuno che semplicemente… raccontava delle favole. In pratica era una specie di menestrello e cantastorie tutto romagnolo, che un tempo popolava i borghi e le città.
Come abbiamo visto, all’inizio del secolo scorso e in quello ancora precedente, era cosa comune partecipare a “e’ treb”, cioè un raduno attorno a un fuoco per raccontarsi cose. Non essendoci altro passatempo nelle fredde sere d’inverno – non c’era la tv, non c’era il cinema –, le famiglie si radunavano per trascorrere la serata insieme, chiacchierando e raccontandosi storie.
“E’ fulèsta” partecipava a questi “treb” raccontando storie, favole e mirabolanti imprese di altrettanti improbabili personaggi, e tutti ascoltavano con attenzione. “E’ fulèsta” poteva essere il membro più affabulatore della famiglia, oppure uno dei tanti di passaggio che si fermava per la notte.
Proprio come i girovaghi e i cantastorie medievali, molti di loro andavano di città in città, come artisti circensi. Oggi, tuttavia – come è chiaro –, questa figura non esiste più, se non in certe rievocazioni o memorie del passato.