Una serie di articoli sulle parole romagnole legate al folklore
Il Mazapégul è forse una delle creature più famose del folklore e una delle parole romagnole più conosciute. Questo folletto dispettoso è una specie di simbolo della Romagna: per saperne di più, qui ci sono un sacco di informazioni utili.
Ma qual è l’origine del nome? Perché si chiama proprio Mazapégul? Cosa significa?
Nel corso degli anni, complice il fatto che questa creatura è conosciuta e famosa in tutta la Romagna, molti studiosi di etimologia e linguistica hanno cercato di capire qual potesse essere l’origine del nome. In realtà, il compito si è dimostrato ben più complicato di quanto si pensasse.
Innanzitutto – è cosa nota –, il dialetto romagnolo è molto mutevole, tanto che certe parole sono completamente diverse di città in città. “Mazapégul”, ovviamente, non fa differenza: nel faentino è Mazapedar, nel cesenate Mazapigur.
Secondo alcuni, il nome Mazapégul sarebbe formato dalle parole “maza” e “pegul”. “Maza” starebbe per “mazza”, quindi qualcosa di pesante che cala dall’alto, qualcosa che opprime e schiaccia. “Pegul”, invece, è una cosa vischiosa, appiccicosa.
Unendo i due concetti, si ottiene qualcosa di opprimente e pesante che schiaccia dall’alto, impedendo poi di muoversi e liberarsi. Considerando cosa fa il Mazapégul, è lecito supporre che questa etimologia sia sensata.
Ma ovviamente sono solo ipotesi, perché non esistono molti documenti che possano aiutare a ritrovare l’etimologia autentica.
Altri nomi
Se si considerano i nomi Mazapedar e Mazapigur, infatti, si può risalire ad altri significati. Secondo alcuni studiosi, le due parole si possono tradurre come “ammazza-piccoli” o “ammazza-padre”, fino ad “ammazza-pecore”. “Maza”, in questo caso, non è la mazza, ma l’atto di uccidere, mentre “pedar”, “pigul” e via dicendo sono declinazioni locali per “piccoli”, “padre” – eccetera.
Ma il folletto ha anche nomi ben diversi e lontani dal classico Mazapégul. Gilberto Casadio, autore del Vocabolario etimologico romagnolo, scrive che la creatura – soprattutto nelle zone collinari – si chiama anche “Cheicatrèpp”, “Cheicabìgul” o “Cheicarëll”.
“Cheica” significa letteralmente “schiacciare”. Il suono, in effetti, ricorda un po’ la parola “cliccare”, anche se chiaramente non ci sono collegamenti, visto le origini temporali lontanissime delle due parole.
“Trèpp e “bìgul” significano “trippe” e “ombelichi”, quindi i nomi sarebbero “schiaccia-trippe” e “schiaccia-ombelichi”. “Cheicarëll”, invece, si può tradurre come “calcarello”, schiacciatello” – è un diminutivo.
In ogni caso, il Mazapégul rappresenta sempre qualcosa che opprime, che schiaccia, che sovrasta. Anche se l’etimologia è incerta e variegata, il concetto alla base è sempre lo stesso.