Cosa sono le orazioni e le “cante” romagnole?
Le orazioni (“agli urazion”), come suggerisce il nome, sono canti religiosi. Solitamente raccontano la vita dei santi, episodi del Vangelo… oppure momenti legati alle festività, come Natale e Pasqua.
In Romagna, canti e stornelli erano all’ordine del giorno – basti pensare alla zirudelle –, e per molto tempo era proprio questo il tramite con cui la cultura veniva passata. Un tempo, infatti, in tantissimi non sapevano leggere e scrivere, e questo era l’unico modo per imparare le cose. Soprattutto se si trattava di argomenti religiosi.
Oltre alle orazioni, però, una parte importante della musicalità romagnola erano le “cante”.
Le “cante”, per definizione, erano a più voci. Venivano eseguite quando si poteva, e cioè in momenti di coralità. La fine della trebbiatura era un momento perfetto.
C’erano “cante” diverse per diverse occasioni. Un tipo molto importante erano le “maggiolate”, che venivano fatte come canti propiziatori all’inizio di maggio, in modo da avere una buona annata.
I “maggiolatori”, gruppi “armati” di fisarmonica e violino, andavano di paese in paese e di podere in podere per cantare l’arrivo della bella stagione. In cambio, spesso, ricevevano uova, vino e altre cibarie. Aldo Spallicci, nella poesia La majê, racconta proprio questo.
Le “cante” erano divise in base ai periodi agricoli: c’erano quella per la semina, quelle per la raccolta, quelle per la spannocchiatura.
Oggi esistono ancora gruppi e associazioni che mantengono viva questa tradizione. Sono i “canterini romagnoli”.