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Scopriamo alcuni fondamentali di grammatica romagnola: l’alfabeto e l’articolo

Il dialetto della nostra regione, in quanto lingua, ha delle regole sintattiche e morfologiche. Di fatto, si tratta della “grammatica romagnola”.

Ovviamente, il romagnolo è un dialetto e non una lingua perché non è “ufficiale”, perché non viene studiata, perché non è codificata tanto e bene come l’italiano. Dante scriveva in italiano nel ‘200, i primi studi sul romagnolo sono stati fatti nell’800.

Prima di Friedrich Schürrmassimo esperto di romagnolo –, altri due studiosi si dedicarono a questa lingua: il suo professore, Wilhelm Meyer-Lübke, e il filologo Adolfo Mussafia. La Voce della Romagna (1974), di Schürr, è una specie di bibbia del romagnolo.

Come ogni lingua, anche il romagnolo ha un alfabeto. È molto simile a quello italiano, ovviamente: ha le stesse 21 lettere, ma con l’aggiunta di una. La “j”, la cosiddetta “i lônga”.

Di solito, la “j” viene usata per gli iati, agendo quindi come una semivocale.  

L’articolo, invece, è diverso e più complesso. Come in italiano, se si vuole studiare il romagnolo, bisogna impararseli a memoria.

La particolarità degli articoli determinativi romagnoli è che sono un suono unico.

“Il”, quindi, diventa “e’” – l’apostrofo serve per distinguerlo dalla congiunzione “e”, ma il suono è uguale. “I”, invece – maschile plurale –, rimane “i”.

L’articolo femminile singolare, invece, è “la”, come in italiano, mentre quello plurale è “al”.