La grammatica romagnola è complessa tanto quanto quella italiana
Poco tempo fa, abbiamo visto che il romagnolo, come qualsiasi altra lingua, ha una grammatica. Articoli, verbi… La grammatica romagnola, però, non si esaurisce così facilmente. Come qualsiasi altra, infatti, ha regole per ogni cosa.
Per esempio, i sostantivi.
La regola è che i nomi maschili singolari finiscono con una consonante, quelli femminili per “a”.
Al plurale, invece, i nomi maschili cambiano l’ultima vocale con una più chiusa. “Can”, per esempio (“cane”), diventa “chèn”. “Òcc”, “occhio”, diventa “ócc”, con la “o” chiusa.
I nomi collettivi, invece, come “uova”, restano invariati fra singolare e plurale.
Nei nomi femminili, invece, la vocale “a” finale, quando si passa al plurale, cade. “Èla”, “ala”, diventa “él”.
In alcuni casi particolari, dove la parola finisce con una consonante, come in “cròs”, “croce”, non cambia. Al plurale resta “cròs”.
Gli aggettivi, come in italiano, seguono la concordanza, anche se di norma sono invariabili fra plurale e singolare.
Curioso il caso dei superlativi assoluti. In romagnolo, per crearli, ci sono alcuni modi divertenti. Uno, per esempio, è l’aggiunta di “dur”, “duro”. “Imbariêgh dur”, quindi, significa “molto ubriaco”, “ubriaco fradicio”.
Ancora, aggiungendo un sinonimo: “bagnê mêrz” o “sudê mêrz” significano “bagnati e sudati marci”, quindi molto bagnati o sudati. Infine, con l’aggiunta di altri termini, come “strach môrt”, “stanco morto”.