Il nostro dialetto presenta molti termini mediati dal linguaggio agreste, che lo rendono una lingua immediata e molto più espressiva dell’italiano standard.
La parola ‘grido’, per esempio, presenta ben due traduzioni in romagnolo, molto diverse sia tra loro che dall’italiano ed etimologicamente incerte: “zigh” e “rug”.
Pare che entrambi i termini abbiano origini onomatopeiche e che il primo derivi dal verso del coniglio, mentre il secondo dal verbo ‘rugghiare’, tipico del cinghiale.
Per sottolineare lo schiamazzo e il dimenarsi di qualcuno, si usa spesso “sparnazz”, da ‘starnazzare’, un’espressione legata ai volatili, cosi presenti nelle aie di qualsiasi casa di campagna fino a non molti anni fa.
Sia “gosc” che “magon” ricordano il senso di oppressione dato dal cibo che fatica a transitare lungo l’esofago, fatto ben visibile negli uccelli dal collo lungo, specialmente nelle oche, che tornano anche nel verbo “inucaris” (letteralmente ‘inocarirsi’), per indicare una sensazione di smarrimento.
Al contrario di quanto trasmesso dalla cultura popolare, l’oca romagnola, detta anche ‘oca romana’, è un animale estremamente intelligente e fedele al padrone e lo dimostra il celebre episodio storico avvenuto nel 390 a.C. a Roma quando le oche del Campidoglio sventarono l’assedio dei Galli di Brenno.