Dino Campana, il poeta “orfico”
Nato nel 1885 a Marradi, in provincia di Firenze ma territorialmente in Romagna, Dino Campana è stato uno dei più grandi poeti delle nostre terre. Trascorre l’infanzia nel paese natio, fra i castagni dell’appennino e la gente del luogo, poi si iscrive all’Università di Bologna per studiare chimica.
Nel 1905 è internato al manicomio di Imola. Sin dall’infanzia, infatti, aveva mostrato problemi di salute mentale. L’anno dopo, comunque, tenta la fuga, ma viene arrestato a Bardonecchia e riportato indietro. Nel 1907, però, uscirà legalmente dal manicomio grazie alla famiglia a cui venne affidato.
Nel 1913, Campana consegna il manoscritto de Il più lungo giorno a Soffici, lontano parente ed editore, ma non viene preso in considerazione. L’unica copia del testo va perduta. Campana, già fragile, è disperato, e Soffici rincara la dose dicendo di non saper niente di nessun manoscritto (anche se nel 1971, alla morte dell’editore, il manoscritto verrà ritrovato fra le sue carte).
Campana decide di riscrivere il libro daccapo, basandosi sulla memoria e sugli appunti. Sarà questo Canti Orfici, la sua opera più famosa.
Nel 1918 entra nel manicomio di Scandicci, e ci rimarrà fino alla morte, avvenuta nel ’32.
I Canti Orfici sono un prosimetro, cioè un componimento in prosa e in versi. Il titolo deriva da Orfeo, che secondo la mitologia è il primo poeta.