Scopriamo uno dei detti romagnoli più famosi
Fra tutti i detti romagnoli, famosi e meno, questo è sicuramente uno dei più conosciuti. Nonostante ciò, il suo senso – oggi – può essersi perso nei meandri della storia e della memoria.
Innanzitutto, la traduzione. “Ci propri un ciù”, letteralmente, significa “sei proprio un ciù”.
Il senso letterale non era complicato, in effetti, ma quello figurato forse lo è un po’ di più. Certo, tutti i romagnoli, quasi per imposizione divina dall’alto, sanno cosa significa questo proverbio e come si usa, ma magari non tutti sanno cos’è un ciù.
Ma andiamo con ordine.
Questo detto si usa per offendere qualcuno, ma non in maniera “violenta”. Di solito si utilizza quando una persona ha fatto uno sbaglio stupido che si poteva evitare con un po’ di riflessione in più. Romagna Says, per esempio, dice che quando ti dimentichi le chiavi e ti chiudi fuori di casa “sei proprio un ciù”. Ecco, questo tipo di errore è il più adatto per il proverbio, anche se non si disprezza per sbagli più clamorosi ed eclatanti.
Ma perché proprio il ciù? Perché è associato alla stupidità? Ma soprattutto, cos’è un ciù?
Il ciù è l’assiuolo, un uccello notturno. Nella credenza popolare, si pensava che questo volatile entrasse nelle finestre aperte beccando sulla fronte le persone addormentate, trasmettendo loro la stupidità. Ecco perché si dice che si è “ciù”. O meglio ancora, ecco perché la variante più famosa di questo detto è “ti ha beccato il ciù”.
Piccola curiosità: nella poesia La mia sera di Pascoli, il verso dell’assiuolo ritorna in tutte le strofe. La domanda è: Pascoli l’ha scelto perché è un volatile così presente nelle nostre zone da aver ispirato il detto, oppure l’ha scelto perché il detto era già molto famoso e quindi aveva fatto conoscere l’uccello?