Scopriamo uno dei detti più famosi
Perché ci sono così tanti detti? Perché così tanti modi di dire? La paremiologia, cioè lo studio dei proverbi, è una disciplina linguistica con una sua dignità. Del resto, studiare i proverbi significa studiare le esperienze del passato, il modo di ragionare delle persone di un tempo. Significa scoprire il loro mondo – un mondo che spesso non c’è più.
Già nella Bibbia c’è il Libro dei Proverbi, e dei motti e delle massime se ne occuparono anche i greci. I romantici del XX secolo ne furono molto attratti. E anche noi lo siamo, perché scoprire i vecchi proverbi romagnoli ci mostra quali erano le esperienze quotidiane dell’epoca: una tradizione o un’esperienza popolare non diventava un proverbio se non era compresa da tutti, e quindi svolta dai più.
Studiare e scoprire i modi di dire romagnoli ci permette di immergerci in un passato e in una tradizione ormai spariti, e quindi ricordarli e tenerli vivi.
“Mai imbucè e bé cun la Curéna”, per esempio, è ottimo in questo senso. Il proverbio si rifà al mondo della vendemmia, e quindi ci permette di scoprire – in parte – come veniva fatta una volta e come veniva intesa. Letteralmente, significa “mai imbottigliare il bere con la Curéna”, dove la Curéna è il Libeccio.
Il termine Curéna è prettamente dialettale. In pratica è il nome romagnolo per il suddetto vento. Il Libeccio è un vento umido con raffiche violente, ed è tipico dell’Emilia-Romagna. Quando soffia sul mare è detto Garbino. Diciamo che in Romagna è un vento molto conosciuto, e quindi è normale che sia entrato nell’esperienza popolare e poi in un proverbio.
Ma perché si dice così? È molto semplice. Questo proverbio, classicamente, esprime con una massima un insegnamento: mai imbottigliare il vino quando soffia il Libeccio, perché altrimenti si inacidisce.
Semplice, efficace, sintetico: i romagnoli di una volta hanno tutto da insegnarci.