Il rosolio d’anici è un liquore perfetto per concludere i pasti e la ricetta originale è quella di Pellegrino Artusi.
Il rosolio d’anici è un liquore di antica origine che si preparava in Romagna già alla fine dell’Ottocento. Questo liquore da fine pasto è perfetto per concludere in bellezza un pranzo o una cena molto ricca. A parlare del rosolio d’anici è anche Pellegrino Artusi nella sua straordinaria opera “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”.
La ricetta del rosolio d’anici
“La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi è una vera e proprie pietra miliare della cultura gastronomica di tutta Italia. Questa opera, scritta da un romagnolo DOC come l’Artusi (nato a Forlimpopoli), presenta numerose ricette di fine Ottocento.
La ricetta n.748 presente in questa opera straordinaria spiega esattamente come preparare il rosolio d’anici. Nel libro si legge:
«Si fa nella stessa guisa del precedente. L’infuso invece di scorza di limone fatelo con grammi 50 d’anaci di Romagna, e dico di Romagna perché questi, per grato sapore e forte fragranza sono, senza esagerazione, i migliori del mondo; ma prima di servirvene gettateli nell’acqua per nettarli dalla terra che probabilmente contengono, essendovi a bella posta frammista per adulterar quella merce. Fu uno scellerato che io ho conosciuto, perché era dagli onesti segnato a dito, colui il quale trovò pel primo quella infame industria, saranno ormai sessant’anni.
Coloro che seguono le sue traccie, e sono molti, si servono di una terra cretacea del colore stesso degli anaci, la mettono in forno a seccare, poi la vagliano per ridurla in granelli della grossezza medesima e la mescolano a quella merce nella proporzione del 10 e fino del 20 per cento. Qui verrebbe opportuna una tiratina di orecchi a coloro che adulterano per un vile e malinteso guadagno, i prodotti del proprio paese, senza riflettere al male che fanno, il quale ridonda il più delle volte a danno di loro stessi.
Non pensano allo scredito che recano alla merce, alla diffidenza che nasce e al pericolo di alienarsi i committenti. Ho sempre inteso dire che l’onestà è l’anima del commercio, e Beniamino Franklin diceva che se i bricconi conoscessero tutti i vantaggi derivanti dall’esser onesti sarebbero galantuomini per speculazione. La mia lunga esperienza della vita mi ha dimostrato che l’onestà, nel commercio e nelle industrie, è la più gran virtù per far fortuna nel mondo.
Un soldato del primo impero mi diceva di aver letto sul barattolo di uno speziale a Mosca: Anaci di Forlì. Non so se fuori d’Italia sieno conosciuti con questo nome; ma i territori ove si coltiva questa pianta della famiglia delle ombrellifere, sono esclusivamente quelli di Meldola, di Bertinoro e di Faenza, verso Brisighella.» (così scriveva P. Artusi in “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, Ricetta n. 748)