Le Pappardelle o Strisce col sugo di coniglio sono una ricetta proposta da Pellegrino Artusi. Ancora oggi sono disponibili in vari ristoranti di Forlimpopoli.
Le Pappardelle o Strisce col sugo di coniglio sono una minestra ricca di gusto e sapore tipica della Romagna. Questo primo piatto è antico, infatti è presente anche nel noto libro “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi. Ancora oggi è possibile gustarla in alcuni ristoranti di Forlimpopoli, terra natale del famoso gastronomo dell’Ottocento.
La ricetta di Artusi delle Pappardelle col sugo di coniglio
“La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi è senza dubbio uno dei più noti libri di cucina della storia. All’interno di questa opera realizzata dal più famoso gastronomo dell’Ottocento sono raccolte numerose ricette della tradizione Romagnola di quel periodo.
La ricetta n. 94 del famoso libro di Artusi spiega come preparare le Pappardelle o Strisce col sugo di coniglio. Questo primo piatto ricco e gustoso era molto popolare al tempo, ma ancora oggi è proposto da alcuni ristoranti di Forlimpopoli. Vediamo come il gastronomo romagnolo ha descritto la ricetta:
«Dopo aver lavato il coniglio, tagliatelo a pezzi più grossi di quello da friggere e mettetelo al fuoco in una cazzaruola per fargli far l’acqua che poi scolerete; quando sarà bene asciutto gettateci un pezzetto di burro, un poco d’olio e un battuto tritato fine e composto del fegato dell’animale, di un pezzetto di carnesecca e di tutti gli odori, cioè: cipolla, sedano, carota e prezzemolo. Conditelo con sale e pepe. Rimuovetelo spesso e quando sarà rosolato bagnatelo con acqua e sugo di pomodoro, o conserva, per tirarlo a cottura, aggiungendo per ultimo un altro poco di burro. Servitevi del sugo per condire con questo e con parmigiano una minestra di pappardelle o di strisce, e mandate in tavola per secondo piatto il coniglio con alcun poco del suo intinto. Se non volete condir la minestra non occorre nel battuto la carnesecca.» (così scriveva P. Artusi in “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, Ricetta n. 94)