Durante le feste di Natale, tutte le famiglie romagnole mangiano i cappelletti in brodo, rigorosamente fatti in casa
Il giorno di Natale, l’unico piatto che non può mai mancare sulle tavole romagnole è il cappelletto in brodo, assoluta stella dei menù delle feste.
Il ripieno dei cappelletti (il “compenso”) varia da zona a zona: c’è chi mette solo il formaggio e chi preferisce insaporire con vari tipi di carne. Una cosa, però, è certa – il cappelletto è più grande di un tortellino e più piccolo di un cappellaccio o di un raviolo.
L’altra regola natalizia in vigore in Romagna è la quantità di cappelletti preparati. Rigorosamente sempre più di quanto sia umanamente possibile mangiare, e poi finirli alla sera e il giorno di Santo Stefano. Scrive Artusi: “Cuocete dunque i cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno [Natale n.d.r] degli eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c’è il caso però di crepare, come avvenne ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.”
Ecco gli ingredienti per i cappelletti “all’uso di Romagna”, ricetta numero 7 da “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi:
- Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180
- Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine colla lunetta
- Parmigiano grattato, grammi 30
- Uova, uno intero e un rosso
- Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace
- Un pizzico di sale