Torta di ricotta di Pellegrino Artusi
(stradavinisaporifc.it)

La torta di ricotta è un dolce che fa parte della tradizione contadina Romagnola. Scopriamo qual è la ricetta proposta da Pellegrino Artusi.

La torta di ricotta è un dolce semplice da realizzare, ma il suo gusto è davvero inconfondibile. In passato veniva realizzata soprattutto nelle occasioni speciali ed era tipica delle zone di campagna della Romagna. Si trattava in particolare di un classico dolce di nozze delle case contadine Romagnole.

La ricetta di Artusi della torta di ricotta

Nel suo straordinario libro “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, Pellegrino Artusi ha raccolto molte ricette della tradizione Romagnola. La ricetta n. 639 tratta da questa famosa opera, pubblicata per la prima volta alla fine dell’Ottocento, spiega come preparare la torta di ricotta.

Questo dolce è molto simile di gusto al Budino di ricotta n. 663 di Pellegrino Artusi. In realtà comunque ci sono delle differenze, infatti appare più delicata. Il famoso gastronomo ha spiegato che questo era il dolce che si preparava alle nozze dei contadini in Romagna.

«Ricotta, grammi 500. Zucchero, grammi 150. Mandorle dolci, grammi 150. Dette amare, n. 4 o 5. Uova intere, n. 4; rossi, n. 4. Odore di vainiglia. Si prepara come il detto Budino n. 663; ma le mandorle, dopo pestate con una chiara d’uovo, è bene passarle per istaccio. Ungete abbondantemente una teglia col lardo e rivestitela di una sfoglia di pasta matta, n. 153, e sopra alla medesima versate il composto alla grossezza di un dito e mezzo all’incirca, cuocendolo fra due fuochi o nel forno. Raccomando il calore moderatissimo e la precauzione di un foglio sopra unto col burro, perché la bellezza di questa torta è che sia cotta in bianco. Quando sarà ben diaccia tagliatela a mandorle in modo che ogni pezzo abbia la sua pasta matta sotto, la quale si mangia o no secondo il piacer d’ognuno, essendosi essa usata al solo scopo di ornamento e di pulizia. Potrà bastare per dodici o più persone.» (così scriveva P. Artusi in “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, Ricetta n. 639)