
Il faentino Tommaso Dal Pozzo fu artista, ma non solo. Infatti, nella sua poliedricità, fu anche “insegnante, architetto, progettista, studioso e storico dell’arte”.
“Tipica personalità d’artista “politecnico” nella Faenza ottocentesca, nella breve durata della sua vita fu attivo come pittore, freschista, ceramista, architetto, disegnatore di ferri battuti per la fabbrica Matteucci di Faenza, restauratore di dipinti […]”.
Così si legge nel Dizionario Biografico degli Italiani su Tommaso Dal Pozzo, classe 1862. E già queste poche battute possono farci comprendere pienamente la sua portata intellettuale e la molteplicità dei suoi interessi.
Vero è che, fin dalla giovane età, si nutrì del clima di fermento culturale che si respirava nella Faenza di quegli anni. Ad esempio, fu allievo di Antonio Berti e di Achille Farina.
“Il suo gusto naturalistico lo portò a prediligere i soggetti di paesaggio e i ritratti, che hanno avuto grande seguito nelle botteghe ceramiche faentine […] fino ad oggi”.
Lo si può facilmente constatare osservando l’opera in copertina, caratterizzata da una patina agreste-bucolica. Essa ritrae una giovane pastorella immersa in un tipico paesaggio dell’entroterra romagnolo: i calanchi.
Anche l’atmosfera che si respira in Dal lattaio ‘catapulta’ il fruitore in una Faenza d’altri tempi, quella che Dal Pozzo stesso conobbe prima di spegnersi nel 1906.