“Autodidatta di indiscusso pregio e grande amante dell’arte, si forma osservando i pittori locali del suo tempo”.
L’esperienza artistica, nelle sue mille sfaccettature, è in grado di cambiare la vita di chi la pratica.
Primo Amati, infatti, non nasce propriamente come pittore, ma come verniciatore e decoratore di carrozze.
Presto, però, “ammirando le nature morte di Mariano Mancini, le composizioni di genere di Francesco Brici e i paesaggi di Emo Curugnani“, si avvicina al mondo della pittura per non allontanarsene più.
Da “vorace osservatore della pittura dei colleghi locali, acquisisce presto una propria personalità e un proprio stile”, che si può definire “un realismo quasi illusionistico“.
Amati dipinge soprattutto nature morte (“con cibi umili e oggetti modesti, in composizioni bilanciate che restituiscono l’immagine di una familiare tavola romagnola“), ma anche ritratti.
L’opera di Amati comprende anche “paesaggi romagnoli di piccolo formato: scorci riminesi, paesaggi della Valmarecchia [vedi la copertina, ndr], barche in costruzione e […] visioni d’interni”.
Tutte le citazioni provengono dalla pagina del portale arteromagna.it, che ha il merito, insieme ad alcuni storici dell’arte, di aver valorizzato questa singolare e quasi dimenticata figura di artista romagnolo.