Da opera d’arte ad opera dello scandalo il passo è breve, ancora più breve il ritorno ad opera d’arte…
La vicenda del monumento ai caduti della prima guerra mondiale a Rimini è piuttosto grottesca. Lo scultore Bernardino Boifava vinse, nel 1922, il concorso per la sua realizzazione. La creazione dell’opera iniziò nel 1923 quando i supervisori artistici riminesi diedero l’approvazione alla fusione dell’opera.
La scultura è ricca di emozioni e pathos. L’eroe, un Fante nudo, è proteso verso l’alto in posizione eretta e con lo sguardo rivolto al cielo. Nelle mani sono presenti lo scudo e la spada. Il gesto è quello di offrirsi alla patria. Alle sue spalle spicca una figura femminile, rappresentazione della Gloria, che copre gli occhi al soldato. La donna è nuda, la sua postura è contorta e innaturale. Le due statue bronzee poggiano su un basamento in granito ai cui lati sono incise le date di inizio e fine della seconda guerra mondiale, insieme ad altri simboli fascisti realizzati in bronzo.
L’opera ha suscitato molte reazioni: inizialmente entusiasmo ed elogi per l’alto valore artistico dei nudi esposti. Malauguratamente alcune foto delle parti nude vennero mal interpretate creando un po’ di scompiglio, soprattutto tra i puritani. Ne nacque una diatriba tra l’artista e le autorità che finì in tribunale. Ne risultò l’obbligo di coprire le “parti” incriminiate con una foglia per il Fante, e una velo per la Gloria.
All’inaugurazione della statua, nel 1926, l’artista protestò in maniera determinata davanti al re per le censure considerate anti-artistiche. Le proteste dell’artista furono così forti da fargli rischiare addirittura la galera…ma le cose andarono diversamente. Il re Vittorio Emanuele III, noto estimatore d’arte e sensibile al bello artistico, capì l’intento artistico dell’opera e lo stesso Bonifava da artista ribelle tornò nuovamente ad essere un artista rinomato. E le nudità? Qualche tempo dopo l’inaugurazione il velo sparì e le rotondità femminili tornarono in mostra…