Case a Ravenna, Giulio Ruffini
“Case a Ravenna”, Giulio Ruffini, 1955, olio su tela, conservato al Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo (Portale PatER)

Nel 2021 celebriamo il centenario della nascita di un pittore romagnolo che è stato protagonista di una stagione pittorica di grande spessore e varietà: Giulio Ruffini.

“Il volto artistico della Romagna ha certamente i tratti delle opere di Giulio Ruffini e lo sanno bene i tanti che conservano i suoi dipinti e le sue incisioni nelle loro case, ma oltre a raccontare la nostra terra Ruffini ha saputo fare molto di più”: con queste parole Eleonora Proni e Monica Poletti, rispettivamente Sindaco di Bagnacavallo e Assessore alla Cultura del medesimo comune, introducono la mostra allestita tra febbraio e maggio di quest’anno al Museo Civico delle Cappuccine. Questa è solamente una delle mostre organizzate in serie nel territorio romagnolo per celebrare l’occasione. Infatti, è stato progettato e allestito un intero ciclo di esposizioni, una delle quali è attualmente in essere a Faenza.

Ed è lo stesso territorio romagnolo che nelle opere di Ruffini diviene protagonista: l’essenza della Romagna condensata nei tratti densi e pregni di intensità delle Case a Ravenna, opera presentata in copertina. 

Nato a Villanova di Bagnacavallo, è sempre stato attento ai dettagli e all’atmosfera della campagna, per così dire ‘corrosa’ dal tempo che passa e che tutto consuma (si vedano i suoi cicli pittorici Scomparsa della Romagna, Monumenti, Rovine e Archeologie).

Infatti, in una seconda fase della sua produzione, per usare le parole di Franco Bertoni, Ruffini si è impegnato a denunciare “i danni del consumismo, l’industrializzazione, una omologazione dilagante e, in fondo, la fine della civiltà contadina e di quella – a volte anche retorica ma fortemente sentita – etica del lavoro e della fatica che era stata il perno centrale del suo lavoro” (cit. da Arte dal vero. Aspetti della figurazione in Romagna dal 1900 a oggi, catalogo della mostra, Imola 7 novembre 2014 – 8 marzo 2015, a cura di F. Bertoni, La Mandragora, Ravenna 2014, p. 272).

Anche Giovanni Guerrini aveva rappresentato la Romagna che lavora, che fatica, che suda (così come Giovanni Marchini); non possiamo inoltre dimenticare nemmeno Francesco Nonni e la sua Romagna, sì intenta a faticare, ma immersa, per così dire, in un clima quasi idilliaco.

La visione e l’operato artistico di Ruffini si inseriscono così perfettamente nella tradizione e incarnano la quintessenza della nostra Terra.