Fenicotteri rosa in Baiona
Fenicotteri presso la Pialassa Baiona (Ph.Silvia Togni)

Basta uscire pochi chilometri fuori dalla città bizantina che già questo termine fa strabuzzare gli occhi.

Eppure “pialassa” è un termine non gergale, bensì scientifico, e non dialettale, ma perfettamente italianizzato.

La ricerca del suo significato in qualsiasi vocabolario della lingua italiana è vana e, nonostante l’introduzione di neologismi, quali “ciellino” o “petaloso”, il termine “pialassa” risulta inesistente. Così non resta che cercare in rete e affidarsi a quei siti, più o meno affidabili, che spiegano come la Pialassa Piomboni e la Pialassa Baiona siano lagune costiere di acqua salmastra.

Il nome così astruso deriva dal dialetto veneto ‘pija’ e ‘lassa’, prendi e lascia, proprio perché l’invaso ‘piglia’ l’acqua marina due volte al giorno per poi rilasciarla altre due volte durante la marea calante. Si tratta di uno dei concetti più complessi da spiegare a chiunque arrivi da fuori Ravenna, trattandosi di un ambiente vallivo protetto caratteristico della costa ravennate.

La Pialassa della Baiona, per esempio, è un bacino di oltre mille ettari di estensione con acqua che varia da uno a quattro metri di profondità, fatto di canali artificiali e dossi, influenzato dai livelli della marea. Questo sistema di drenaggio delle acque superficiali attraverso collettori che scaricano nelle acque vallive venne ideato dagli idraulici della Repubblica di Venezia, che controllò il ravennate a partire dal 1441. Qui, tuttora, il falegname è detto ‘marangone’, così come era chiamato il maestro d’ascia nei cantieri veneziani.

L’influsso del dialetto veneto nella cultura romagnola, importato soprattutto dai tanti marinai chioggiotti che si stabilirono nel corso dei secoli tra l’abitato di Cesarea a Ravenna e Borgo Marina a Rimini, passando per i porti di Cervia e Cesenatico, è talmente presente che una delle parole più comunemente pronunciate dai Romagnoli, l’intraducibile esclamazione e interiezione cióh, deriva proprio dall’imperativo del verbo veneto ‘tore’, prendere.